La Corte Europea dei diritti dell’uomo “assolve” il controllo dei lavoratori a distanza.

 

Con sentenza n. 61496/08 del 12 gennaio del 2016 la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha precisato che, a determinate condizioni, il datore di lavoro ha il diritto di monitorare i propri dipendenti durante l’espletamento dell’attività lavorativa quando questi utilizzano strumenti informatici per svolgere le loro mansioni. Tale pronuncia ha ad oggetto il caso di un ingegnere rumeno licenziato dall’azienda ove lavorava per avere utilizzato l’account Yahoo Messanger dell’azienda, per fini personali, in violazione della policy aziendale che gli era stata esplicitamente resa nota.

La pronuncia in esame assume particolare interesse in quanto, in qualche modo, conforta la disciplina introdotta nel nostro Paese dal Jobs act in tema di controlli sugli strumenti utilizzati dai lavoratori per rendere la prestazione lavorativa. Come noto, il nuovo art 4 dello Statuto dei lavoratori, così come modificato dal D.lgs 151/2015, prevede espressamente che il datore di lavoro può effettuare controlli a distanza sugli strumenti utilizzati dal dipendente nello svolgimento delle sue mansioni, senza che il controllo venga preventivamente concordato con il sindacato di riferimento. Con tale innovazione, il legislatore ha inteso attribuire al datore di lavoro una maggiore libertà in tema di controllo dei dipendenti, obbligando però il datore ad informare i dipendenti delle modalità di utilizzo degli strumenti aziendali e delle modalità di effettuazione dei controlli nel rispetto del Codice della Privacy.

Nel dettaglio, i datori di lavoro che intendono evitare un uso indebito dei mezzi aziendali hanno l’obbligo di informare i lavoratori del divieto di utilizzare gli strumenti aziendali per motivi personali ed, inoltre, hanno l’obbligo di informare i dipendenti della circostanza che attraverso l’utilizzo di tali strumenti, può essere controllata a distanza l’attività lavorativa.

Considerata la larga diffusione di beni aziendali dai quali può derivare un controllo sull’attività lavorativa (navigatori, cellulari, tablet) appare evidente che la nuova frontiera interpretativa sarà costituita dalla identificazione degli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e delle condizioni che rendono giustificati e proporzionati i controlli effettuati dal datore di lavoro, nel rispetto di quanto disposto dal Codice della Privacy.

Sul punto, è opportuno sottolineare che il Garante per la protezione dei dati personali, antecedentemente alla riforma, ha avuto modo di occuparsi di una questione concernente l’utilizzo dei dati acquisiti attraverso i Gps installati su dispositivi telefonici in dotazione a dipendenti, esprimendo parere positivo sull’uso di detti dati, a condizione che sia impedito l’accesso ad altri dati, quali sms, traffico telefonico e posta elettronica (Provv. n. 408/2014 dell’11settembre 2014 e Provv. n. 448/2014 del 9 ottobre 2014.

Appare pertanto importante che ciascuna azienda si doti di programmi di compliance che delineino in maniera chiara e trasparente la modalità di utilizzo dei dati relativi ai lavoratori.

(per maggiori informazioni o per un gradito feedback, restiamo a Vostra disposizione)

Revocatoria e credito professionale

La revocatoria ai sensi dell’art. 67 co. 2 L.F. può essere accordata sulla base della sola fattura del professionista

La Cassazione si è espressa in proposito della revocabilità dei pagamenti effettuati in favore di un professionista in un caso in cui la conoscenza dello stato di insolvenza poteva evincersi dalla natura delle prestazioni svolte (Cass. Civ. Sez. I, 2 ottobre 2015, n. 19728).

Un commercialista aveva svolto per la fallita una serie di attività di consulenza, relative alla ristrutturazione di una società, al suo rilancio ed al suo sviluppo. Inoltre, lo stesso professionista aveva curato la redazione di un rapporto relativo alla situazione economica della società ed alle strategie economico–finanziarie di risanamento. Dette prestazioni sono state descritte in fattura.

La Suprema Corte ha ribadito che “in tema di revocatoria fallimentare, la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo deve essere effettiva, ma può essere provata anche per presunzioni gravi, precise e concordanti”. Pertanto, in funzione del ruolo svolto in stretto contatto con la fallita e del tipo particolare di prestazioni svolte in suo favore così come documentate in fattura, difficilmente si sarebbe potuta affermare l’ignoranza da parte del professionista dello stato di insolvenza.

La Cassazione ha quindi confermato la revocabilità ai sensi dell’art. 67 comma 2 L.F. del pagamento effettuato dalla fallita in favore del professionista, anche solo sulla base della fattura emessa nei confronti della stessa durante il c.d. periodo sospetto nel caso in cui da tale documento emerga la conoscenza dello stato di dissesto societario.

Valutazione di impresa

I principi italiani di valutazione e la redazione dei bilanci

Il 1 gennaio 2016 sono entrati in vigore in Italia i principi italiani di valutazione (Piv), emanati dall’OIV (Organismo italiano di valutazione). Tali principi costituiscono delle vere e proprie linee guida per i professionisti che operano nel campo delle valutazioni economiche e trovano applicazione volontaria e, unitamente ai principi contabili e di revisione, mirano a migliorare la qualità dei bilanci.

Tuttavia, i Piv hanno un ambito di applicazione più ampio, in quanto delineano una serie di protocolli differenziati che i professionisti possono osservare quando effettuano una stima economica, indipendentemente dalla finalità della stima stessa. Detti principi, infatti, individuano una serie di linee guida differenziate in funzione dell’oggetto della stima (azienda, macchinari, strumenti finanziari, partecipazioni) e della finalità della stima stessa (cessione di ramo d’azienda, fusione, recesso ecc).

I Piv, inspirati agli International valuation standards emanati dall’IVSC (International valuation standard council), sono modulati al contesto economico del Nostro Paese e puntano a ridurre i margini di discrezionalità dei professionisti nell’effettuare valutazioni economiche innalzando così lo standard qualitativo dei valutatori e la fiducia negli stessi da parte degli operatori economici e degli utilizzatori. La valutazione economica, infatti, deve condurre ad un giudizio di valore chiaro e motivato e suscettibile di essere replicato.

Pertanto i Piv puntano a chiarire il processo che deve essere seguito dall’esperto e definiscono cosa il professionista non può trascurare nel corso della stima al fine di uniformare il processo di valutazione e identificano cinque opzioni comuni a tutte le attività (valore di mercato, valore di investimento, valore negoziale equitativo, valore convenzionale), che il valutatore potrà scegliere di utilizzare a seconda della finalità della stima da effettuare.

Concordato e gruppo di imprese

Il concordato di gruppo é inammissibile in assenza di una legislazione ad hoc

Cass. Civ. 13 ottoobre 2015 n. 20559

IL CASO – Quattro società di capitali appartenenti al medesimo gruppo, al fine di presentare un’unica proposta di concordato, costituiscono una società di persone in cui conferiscono il proprio patrimonio aziendale. La proposta che segue mantiene la distinzione tra le masse delle società di ciascuna delle società di capitali socie e conferenti. Il concordato viene omologato e le censure formulate in appello da quattro creditori vengono respinte dalla Corte d’appello genovese. I creditori e l’agenzia delle entrate interpongono ricorso in cassazione.

La Cassazione, con una motivazione a dire il vero asciutta, aderisce alla prospettazione dei creditori.

I giudici di piazza Cavour sottolineano, infatti, che nella realtà economica odierna le imprese operanti sul mercato sono frequentemente organizzate in gruppi di società e che, tuttavia, l’attuale sistema del diritto fallimentare, “non conosce il fenomeno, non dettando alcuna disciplina al riguardo, che si collochi sulla falsariga di quella enunciata in tema di amministrazione straordinaria alla L. 8 luglio 1999, n. 270, art. 80 e ss., o dal D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, art. 4 bis, sulla ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza, convertito, con modificazioni, in L. 18 febbraio 2004, n. 39, o con riguardo ai gruppi bancari od assicurativi insolventi”.

Nondimeno, la Corte non si astiene dal formulare alcune osservazioni che possono costituire utili principi operativi che devono presiedere, nel silenzio del legislatore, alle domande concordatarie connesse per il fatto di essere relative a societá appartenenti al medesimo gruppo. In particolare:

  1. Il coordinamento tra procedure di concordato che hanno una diversa competenza territoriale può operare solo sul piano materiale non operando il meccanismo processuale della connessione e la conseguente attrazione di una procedura a foro diverso.
  2. In presenza di più imprese appartenenti allo stesso gruppo, in assenza di una disciplina che regoli la materia diversamente, sarà necessario presentare una domanda per ciascuna società del gruppo.
  3. Occorre tenere distinte le masse attive e passive, che conservano la loro autonomia giuridica, dovendo restare separate le posizioni debitorie e creditorie delle singole società, onde evitare che i creditori delle società meno capienti concorrano inammissibilmente con quelli delle società più capienti e che vengano alterati i meccanismi di voto e di formazione del consenso sulle proposte concordatarie.

La Cassazione, pertanto, non coglie gli stimoli espansivi offertigli dalla giurisprudenza di merito (si erano espressi favorevolmente, tra gli altri, Trib. Terni 30 dicembre 2010, Trib. Roma 7 marzo 2011, Trib. La Spezia 2 maggio 2011, App. Genova 23 dicembre 2011, Trib.Benevento 18 gennaio 2012; Trib. Roma 25 luglio 2012; App. Roma 5 marzo 2013; Trib. Rovigo 5 novembre 2013 e, più recentemente, Trib. Ferrara 8 aprile 2014 e Trib. Palermo 9 giugno 2014) ribadendo una netta chiusura ad una valorizzazione della nozione di gruppo di imprese. Non rimane che attendere una disciplina esplicita dell’insolvenza di gruppo che dovrebbe essere oggetto dei lavori della commissione Rordorf il cui progetto di riforma organica dovrebbe essere in dirittura di arrivo.

 

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