Autorità fiscali degli Stati Membri e Antiriciclaggio
Direttiva UE n. 2258/2016 del 06/12/2016: via libera allo scambio di informazioni per combattere il riciclaggio
La direttiva UE n. 2258/2016, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione in data 16.12.2016, modifica in modo particolare l’art 22. della direttiva 2011/16 UE, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, introducendo una disposizione che consente alle autorità fiscali degli stati membri di accedere ai meccanismi, alle procedure, ai documenti e alle informazioni previste dagli artt.13, 30, 31 e 40 della direttiva 2015/849 del Parlamento Europeo (relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario ai fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo che modifica il regolamento Ue n. 648/2012 e abroga la direttiva n. 2005/60 CE e la direttiva 2006/70 CE). Il recepimento della direttiva da parte degli stati membri garantirà quindi un’efficiente cooperazione amministrativa tra gli stati, portando un miglioramento nell’attuazione degli obiettivi sanciti dalla direttiva 2015/849. Gli stati membri saranno chiamati ad uniformarsi alla direttiva entro il 31.12.2017.
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Fallimento e nota di variazione IVA
Much ado about nothing. La nota di variazione deve attendere il riparto.
Come noto, l’articolo 1, commi 126 e 127 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (cd. ‘Legge di Stabilità 2016’) era intervenuto a modificare l’articolo 26 del D.P.R. n. 633/1972, che regola le variazioni in aumento o in diminuzione dell’imponibile e dell’IVA, nei casi di mancato pagamento dei corrispettivi.
La novità principale era rappresentata dalla possibilità di recuperare l’IVA impagata mediante l’emissione di una nota in variazione all’apertura della procedura, senza dovere attendere il piano di riparto del fallimento. La misura era molto attesa ma, per ragioni di equilibrio finanziario, ne era stata limitata l’applicabilità alle procedure aperte dopo il 31 dicembre 2016.
Le esigenze di cassa sono tuttavia state fatali all’entrata a regime della innovazione normativa. La legge di bilancio 2017 (L.232/2016 co.567), infatti, ha abrogato la norma prima ancora che la stessa fosse applicabile. Le imprese dovranno pertanto continuare ad attendere il mancato riparto prima di potere emettere una nota di variazione IVA.
Vedi i testi a confronto dell’Art. 26 D.P.R. 633/72
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Autorità Garante e clausola vessatoria
Vessatoria la clausola “anti-avvocato”
Il divieto per l’assicurato di affidare la gestione del sinistro a un patrocinatore costituisce una limitazione all’autonomia contrattuale del consumatore nel rapporto con soggetti terzi tutelata dall’art. 33, co. 2 lett. t) del Codice del Consumo, e integra un illegittimo pregiudizio all’esercizio del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost.
Così l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell’affermare la natura vessatoria della clausola contenuta nei contratti di assicurazione RC auto di una nota compagnia di assicurazione, che poneva in capo al consumatore l’obbligo di non fare ricorso all’assistenza di soggetti terzi operanti professionalmente nel campo del patrocinio (quali avvocati, procuratori legali e simili) per la gestione del danno, sia nella fase stragiudiziale che in quella eventuale di ADR, addossando a carico del cliente una penale manifestamente eccessiva.
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Licenziamento per giustificato motivo oggettivo
Licenziamento sì se per incrementare gli utili
Con la sentenza n. 25201/2016 la Suprema Corte ha stabilito che, ai fini della legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, l’andamento economico negativo dell’azienda non costituisce un presupposto fattuale al licenziamento che il datore di lavoro è tenuto a provare, ma è sufficiente che la migliore efficienza gestionale o l’incremento della redditività d’impresa siano la diretta conseguenza del mutamento dell’assetto organizzativo dell’azienda, realizzato attraverso la soppressione della posizione lavorativa individuata. Tale pronuncia della Cassazione sembra così legittimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo nei casi in cui vi sia l’intenzione del datore di lavoro di aumentare gli utili e ove la motivazione addotta al licenziamento non sia l’esigenza di far fronte ad uno stato di crisi ovvero a difficoltà economiche.
- Pubblicato il Diritto del lavoro