Trasferimento della sede e fallimento
Il trasferimento della sede all’estero non salva dal fallimento
Una strategia, che negli ultimi anni, è stata spesso usata per evitare il fallimento è quella di trasferire all’estero la sede sociale. Decorso l’anno dalla cancellazione, infatti, il giudice italiano non può più pronunciare il fallimento della società. Ciò è vero, tuttavia, solo ove la società abbia cessato effettivamente di operare.
La Cassazione, con una sentenza emessa ai primi di gennaio (Cass. Civ. 4 gennaio 2017, n. 43), ha ribadito un principio consolidato (v. anche Cass. S.U. 5945/13) per cui se il trasferimento è fittizio, il giudice italiano rimane competente a valutare l’insolvenza di una società che non è stata cancellata per liquidazione totale dell’attivo e che continui ad operare. In tali casi, infatti, il termine annuale non opera.
Termine annuale e concordato preventivo
Il concordato della società cancellata è inammissibile
Una società di persone propone una domanda di concordato preventivo successivamente alla cancellazione dal registro delle imprese. Revocato il procedimento concordatario, il tribunale dichiara la non fallibilità della società cancellata perchè è decorso più di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese. Rilevato un possibile contrasto con il dettato costituzionale per irragionevolezza dal momento che il debitore potrebbe capziosamente depositare una domanda di concordato al solo fine di fare decorrere il termine annuale, il Giudice remittente ha trasmesso gli atti alla Corte costituzionale.
La Corte (Corte Cost. 13 gennaio 2017, n. 9) ha affermato l’inammissibilità del ricorso per irrilevanza della questione, evidenziando come la giurisprudenza di legittimità non ritenga ammissibile un procedimento concordatario promosso da una società cancellata, dal moento che, con la cancellazione, viene meno il fine di risanamento proprio del procedimento concordatario.