Termine annuale e concordato preventivo
Il concordato della società cancellata è inammissibile
Una società di persone propone una domanda di concordato preventivo successivamente alla cancellazione dal registro delle imprese. Revocato il procedimento concordatario, il tribunale dichiara la non fallibilità della società cancellata perchè è decorso più di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese. Rilevato un possibile contrasto con il dettato costituzionale per irragionevolezza dal momento che il debitore potrebbe capziosamente depositare una domanda di concordato al solo fine di fare decorrere il termine annuale, il Giudice remittente ha trasmesso gli atti alla Corte costituzionale.
La Corte (Corte Cost. 13 gennaio 2017, n. 9) ha affermato l’inammissibilità del ricorso per irrilevanza della questione, evidenziando come la giurisprudenza di legittimità non ritenga ammissibile un procedimento concordatario promosso da una società cancellata, dal moento che, con la cancellazione, viene meno il fine di risanamento proprio del procedimento concordatario.
Procedura e IVA
Omesso versamento IVA e concordato.
Nel momento in cui il debitore accede alla procedura di concordato preventivo, la gestione dei debiti dello stesso, fino ad allora autonoma e privata, assume una rilevanza pubblicistica. Pur dando spazio ad interessi privati, il concordato permette infatti al debitore di consegnare la gestione della sua crisi ad uno strumento qualificabile come pubblico. A questo proposito, basti pensare, ad esempio, che dal momento del deposito della domanda di concordato, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore, la gestione dei beni e dell’impresa è sottoposta al controllo del commissario giudiziale e del giudice delegato, e che dal diniego dell’omologazione si può passare direttamente alla sentenza di fallimento, emessa contestualmente al decreto che respinge il concordato, il quale rappresenta pur sempre una particolare domanda giurisdizionale, alternativa a quella di dichiarazione di fallimento e a tutela della collettività. Pertanto, se la dilazione del pagamento IVA (secondo la giurisprudenza di legittimità, ammissibile in ogni tipologia di concordato) rientra nell’ambito del piano concordatario, ciò non può certo essere irrilevante ai fini penali. Del resto, consentire al giudice fallimentare di ammettere l’imprenditore al concordato che prevede il pagamento dell’IVA oltre il termine previsto e a quello penale di condannare per il reato di omesso versamento IVA lo stesso imprenditore che ha eseguito l’accordo omologato (la cui domanda era stata peraltro ab origine comunicata anche al pubblico ministero) costituisce infatti una “evidente e insostenibile frattura ordinamentale”.
Sulla base di questa motivazione, con la sentenza n. 15853/2015, la Suprema Corte di Cassazione ha escluso che possa sussistere il fumus commissi delicti del reato di cui all’art. 10 ter d.lvo 74/2000 quando un debitore è ammesso al concordato preventivo prima della scadenza del termine per il versamento di un debito IVA e il suo debito viene incluso nel piano concordatario. Con questa Pronuncia che ha sottolineato come la legge penale non possa essere intesa in modo avulso dagli altri settori pubblicistici dell’ordinamento giuridico, sembra quindi superato quell’orientamento giurisprudenziale più restrittivo (v., ad es., Cass. pen. nn. 44283 e 39101/13) che, in virtù del principio di indisponibilità del debito IVA, riteneva che, in assenza di un accordo di transazione fiscale, il reato di cui all’art. 10 ter d.lvo 74/2000 reato omissivo istantaneo venisse comunque integrato alla scadenza del termine previsto per il versamento dell’IVA, indipendentemente dall’antecedente ammissione del debitore al concordato.
- Pubblicato il Accordi, Ristrutturazioni e procedure concorsuali