Falcidia dell’IVA e concordato
La Corte di Giustizia dice sì alla falcidia dell’IVA nel concordato preventivo
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato che nell’ambito di un concordato liquidatorio che preveda la falcidia dei creditori privilegiati, non contrasta con la direttiva IVA e con il diritto comunitario una proposta che contempli uno stalcio anche dell’imposta sul valore aggiunto.
La Corte, dopo un breve excursus sulla ratio della direttiva IVA, ha affermato che la previsione di un pagamento solo parziale dell’IVA a debito non deve considerarsi violazione della disciplina comunitaria, poichè essa avviene in una procedura rigorosa come quella di concordato preventivo che, come noto, si fonda sull’attestazione di un esperto indipendente che accerta l’impossibilità di una maggiore soddisfazione del credito IVA in caso di fallimento.
I Giudici di Strasburgo notano che “nell’ambito del sistema comune dell’IVA, gli Stati membri sono tenuti a garantire il rispetto degli obblighi a carico dei soggetti passivi” ma che “beneficiano, al riguardo, di una certa libertà in relazione al modo di utilizzare i mezzi a loro disposizione”. La Corte, inoltre, sottolinea che nell’ambito della procedura concordataria l’Erario ha ampi poteri di intervento e di opposizione che garantiscono la serietà dello sforzo di riscossione ed evitano che il concordato sia utilizzato come uno strumento che menomi il principio di neutralità fiscale che presiede al sistema comunicario dell’IVA.
Alla luce di tali presupposti, pertanto, la Corte conclude, conformemente alle conclusioni dell’avvocato generale, che “l’ammissione di un pagamento parziale di un credito IVA, da parte di un imprenditore in stato di insolvenza, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo che, a differenza delle misure di cui trattasi nelle cause che hanno dato origine alle sentenze Commissione/Italia (C-132/06, EU:C:2008:412) e Commissione/Italia (C-174/07, EU:C:2008:704) cui fa riferimento il giudice del rinvio, non costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell’IVA, non è contraria all’obbligo degli Stati membri digarantire il prelievo integrale dell’IVA nel loro territorio nonché la riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione”
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Concordato, IVA e ordine dei privilegi
Il pagamento integrale di IVA e ritenute non versate non rende inammissibile il concordato anche se lo stesso prevede lo stralcio di creditori con un grado di privilegio maggiore.
Con sentenza depositata il 9 febbraio, la terza sezione della Corte di Cassazione si è espressa a favore della società che, con ricorso strordinario ex art. 111 Cost., ha impugnato il decreto con il quale il giudice di prime cure ha dichiarato inammissibile la sua domanda di concordato preventivo.
Il piano concordatario era edificato sul pagamento integrale dei crediti privilegiati relativi a IVA e ritenute non versate, a scapito, tuttavia, di quelli di pertinenza dei dipendenti e dei professionisti, che sarebbero stati soddisfatti soltanto parzialmente. Parte attrice veniva interdetta alla possibilità di entrare in concordato preventivo perché il tribunale competente a ricevere la domanda eccepiva che, così come presentata, la stessa si sarebbe tradotta in una indebita alterazione della cause legittime di prelazione e, di conseguenza, in una violazione dell’art. 160 legge fallimentare. Ricorreva in Cassazione la società ravvisando nel decreto del giudice di merito la violazione degli articoli 160 e 182 ter della legge fallimentare. La domanda di concordato, infatti, prevedeva la suddivisione in classi dei creditori privilegiati, la prima delle quali comprendeva gli unici crediti (per IVA e ritenute non versate) che, per le loro caratteristiche, sarebbero stati pagati per intero.
Quanto previsto era perfettamente coerente al dettato normativo che, proprio all’art. 160 comma II legge fallimentare, conferma la facoltà per l’imprenditore di non soddisfare integralmente quei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, purché il piano presentato ne preveda una soddisfazione non inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione.
Nelle motivazioni della propria decisione, la Suprema Corte ha ribadito l’orientamento dalla stessa in precedenza già adottato (si veda Cass. 22932/2011) per cui, in presenza di crediti relativi ad IVA e a ritenute non versate, la proposta di concordato preventivo, per essere approvata, deve necessariamente prevedere il soddisfacimento completo dei crediti medesimi. Tale esigenza non è estesa a quei crediti che, seppur anteriori e anch’essi privilegiati, non presentino le stesse peculiarità, per i quali è ammesso anche un soddisfacimento parziale.
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